La pubblicità sembra essere ormai il dittatore del nostro tempo. Se decide di affermare che una cosa è bella, utile, indispensabile, prima o poi sarà necessariamente considerata tale dalla cosiddetta 'gente comune', nonostante i dubbi che si potranno andare a formare nella mente di qualche inguaribile dissidente: l'ammoniaca, nonostante il suo odore notoriamente insopportabile, grazie alla collaborazione di una invitante etichetta potrà addirittura essere venduta come 'profumata ai fiori di…', senza che una qualche efficacia del deodorante in questione si manifesti sensibilmente durante l'uso. A detta dei produttori e dei loro spot, quindi, la piaga dell'odore ammoniacato sui pavimenti è stata felicemente debellata, mentre nella realtà dei fatti, sappiamo tutti benissimo che, per quei quindici minuti di manutenzione, volenti o nolenti, l'area in questione dovrà rimanere off-limits a tutti gli apparati olfattivi.
Ma questo è solo uno degli infiniti casi citabili, e neanche il più divertente (o preoccupante): il massimo del massimo, il top del successo comunicativo della pubblicità, si annida da tempo nel mondo della telefonia mobile. Grazie probabilmente all'appoggio delle sinuose forme della bella Megan di casa Omnitel o di quell'allegro trio di naviganti targate Tim di qualche tempo fa, il telefonino regna sovrano ormai da diversi anni ai piani alti della classifica degli oggetti più venduti nel nostro paese, con l'inevitabile risultato di apparire oggigiorno lo strumento definitivo ed indispensabile per la conduzione di una vita sociale, senza il quale per contro, si rischia improrogabilmente di rimanere tagliati fuori. Escono modelli a getto continuo, uno dopo l'altro, spesso con funzioni e caratteristiche tra le più disparate: quello con la collezione di giochi per passare il tempo, quello con la vibrazione, quello con le suonerie modificabili, quello col visore a forma di oblò del titanic, fino all'ultimo uscito che permette di organizzare tornei di virilità via telefono grazie alle funzioni fotografiche incorporate. La conseguenza di tutto questo qual è? che il concetto di eterna reperibilità ha così infatuato l'italiano medio che quando squilla il telefonino non ce n'è per nessuno, si abbandona qualsiasi attività si stava svolgendo, ci si allontana un momento dal gruppo e si risponde. Ricordo che 'quando ero piccolo' c'erano orari durante i quali si poteva chiamare un amico ed altri in cui sarebbe stato quantomeno segno di scarso rispetto farsi vivi (penso ad esempio agli orari di pranzo e cena); oggi invece ogni momento è quello buono, qualsiasi cosa si voglia dire. Che si stia a tavola o in bagno quasi non fa differenza, l'unica cosa di cui siamo perennemente affamati è la comunicazione. E nei casi estremi, quando entrambe le mani sono impegnate (ad esempio durante la guida), la prodigiosa tecnica sconfigge ancora una volta questa natura avara che ci ha dotato di sole due braccia, grazie all'invenzione dell'auricolare da cellulare. Innovativo, certo, ma forse non sempre utile e necessario: mai visto quello che invece di tenere il cellulare all'orecchio (che per l'occasione fa capolino dalla tasca) regge con una mano il microfono vicino alla bocca e con l'altra schiaccia ben bene la cuffia nel padiglione auricolare? :)
Come mi dicono tutti quelli con cui spesso e volentieri finisco a parlare dal vivo della questione, 'il cellulare non è un male, dipende dall'uso che se ne fa'. Discorso che non fa una piega, esattamente come si potrebbe fare riguardo al cibo: di per sè stesso, l'atto della nutrizione non è certamente nocivo, ma se si esagera, si corre inevitabilmente verso qualche inconveniente. Continuando su questo paragone, ci si potrebbe quasi definire un popolo di 'tecno-bulimici': i bulimici veri e propri aprono il frigo a tutte le ore, quelli 'telefoninici' fanno altrettanto con il cellulare. Poveri gli uni e poveri gli altri, quindi, visto che in fondo l'utilità del gesto in entrambi i casi mi sembra esaurirsi nel compimento del gesto stesso, come se si trattasse di un semplice rituale abitudinario: non vera necessità fisiologica (o comunicativa, nel rispettivo caso), ma puro e semplice automatismo.
Eccoci giunti allora all'essenza della mia riflessione e dell'ennesimo trionfo tragicomico dello spot sull'uomo: ci avevano presentato il cellulare semplicemente come l'estensione della nostra potenza comunicativa, ci avevano promesso che l'evoluzione della tecnologia in questo settore avrebbe migliorato la nostra vita; le cose invece sembrano prendere una piega ben diversa, tanto che il non possedere il cellulare oggi implica non una rinuncia ad una 'comodità' come potrebbe essere il possesso di un pc o di un televisore, ma una e vera e propria disdicevole manchevolezza, punibile con l'esclusione tanto dalle grazie di una ipotetica anima gemella quanto da un possibile colloquio di lavoro. Ma cosa dovevamo dirci di così urgente per avvertire il bisogno di inventarci il telefonino, poi? A questa finale e cruciale domanda, l'assuefatto utente italiano non si preoccupa più di tanto di trovare una risposta: evidentemente sa, in cuor suo, che la soluzione prima o poi gliela proporrà un altro bello spot. Magari via SMS o seguenti.