Io e le traduzioni di J.R.R. Tolkien

I libri classici non necessitano di nuove traduzioni. Sono stati localizzati nella nostra lingua decine di anni fa, qualcuno addirittura secoli fa, e la loro lettura continua a donare meraviglia a prescindere dall'inevitabile evoluzione (o, nel caso della nostra era, involuzione) che una lingua subisce nel corso del tempo.

È difficile trovare qualche bel racconto che sia stato tradotto male. Non impossibile, eh… per esempio Peter Pan è un supplizio da leggere; principalmente perché tutto è stato trasposto alla lettera, anche proverbi e modi di dire tipicamente inglesi che qui da noi suonano sconosciuti. Però alla fine Peter Pan non è un grande libro (anzi, a dirla tutta è anche piuttosto inquietante e disturbante), e non è nemmeno più un classico, visto che nell'immaginario popolare il personaggio e la sua storia hanno assunto connotazioni decisamente (più) positive grazie soprattutto al lavoro di epurazione svolto da Walt Disney.

Ci sono opere che vantano invece innumerevoli traduzioni, una di queste è quel gran capolavoro di Moby Dick. La prima, per molti la più bella, è quella di Cesare Pavese, del 1932 (revisionata dal traduttore un decennio più tardi). Poi c'è stata Cesarina Melandri Minoli nel 1958, Nemi D'Agostino nel 1966, Renato Ferrari nel 1968, Pina Sergi nel 1972, nuovamente Cesarina Melandri Minoli con una revisione nel 1986, Lucilio Santoni nel 1995, Pietro Meneghelli sempre nel 1995, Ruggero Bianchi nel 1996, Bernardo Draghi nel 2001, Lara Fantoni nel 2004, Alessandro Ceni nel 2007, Giuseppe Natale nel 2010, Bianca Gioni nel 2011, Alberto Rossatti nel 2013 e infine, nel 2015, Ottavio Fatica; un nome che ritroveremo più avanti in questo articolo.

Erano davvero necessarie quindici traduzioni di Moby Dick? La prima faceva così schifo da spingere un piccolo esercito di persone a scendere in campo per il bene della letteratura? No, naturalmente. In questo caso la ragione principale è il fatto che, trattandosi di un romanzo di metà '800, non è più coperto da diritti d'autore, e ognuno può liberamente cimentarsi nell'impresa. Anche tu. Ogni casa editrice esistente ha pertanto deciso di includere il capolavoro di Herman Melville all'interno delle proprie pubblicazioni e questo spiega il fenomeno. Madame Bovary di Gustave Flaubert, per esempio, vanta 33 traduzioni italiane, Cime Tempestose di Emily Brontë 27, 1984 di George Orwell 16, l'Ulisse di James Joyce 9.

Per quanto concerne i romanzi ancora coperti dal diritto d'autore, è sorprendente notare la parsimonia dei nostri editori. Cent'anni di solitudine, dell'immenso Gabriel García Márquez ha soltanto due traduzioni; Anche la saga letteraria di Harry Potter ne ha due, mentre le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George Martin appena una.

Da tutto ciò si può evincere che alle case editrici non piace spendere soldi e, se proprio lo devono fare, è perché prevedono di poterci rientrare economicamente alla grande.

Veniamo quindi ai romanzi di Tolkien. Pubblicati principalmente a metà dello scorso secolo (Lo Hobbit nel 1937 e il Signore degli Anelli nel 1954) sono tuttora coperti dal diritto d'autore, che scade 70 anni dopo la morte dell'autore (quindi da noi saranno "liberalizzati" soltanto nel 2043).

Il Signore degli Anelli

Fino a oggi lo Hobbit ha avuto un'unica traduzione italiana, a opera di Elena Jeronimidis Conte. C'è stata una revisione nel 2012 curata da Caterina Ciuferri – che Bompiani si ostina a definire "traduzione" – ma di fatto non lo è (per quanto ben fatta1È paragonabile al lavoro che ha fatto Quirino Principe sul SdA.). Il Signore degli Anelli è stato invece completamente ritradotto nel 2019, a seguito di una vicenda piuttosto confusionaria e infelice.

In breve (ma molto in breve)

A un certo punto la traduttrice originale, la principessa Vittoria Alliata di Villafranca, si è accorta che Bompiani aveva smesso di pagarle i diritti di traduzione da alcuni anni. Apparentemente si è trattato di una superficiale svista da parte dell'editore, che ha tentato di riparare al danno proponendole una revisione degli accordi al ribasso (non ricordo la cifra esatta ma era ridicola, qualcosa tipo 100 euro all'anno o giù di lì2Potrei sbagliarmi, ma così al volo non trovo nulla su Internet. Erano comunque spiccioli.), e questo ha contribuito a creare i primi dissapori.

Parallelamente, e anche qui senza addentrarci troppo nei dettagli, in Italia Tolkien ha sempre creato fazioni e schieramenti e, se da un lato una delle principali associazioni era riuscita a entrare nelle grazie di Bompiani e assicurarsi le revisioni (ed eventuali correzioni) delle più recenti edizioni del romanzo, dall'altro un'associazione avversaria è riuscita col tempo a convincere l'editore che una nuova traduzione fosse assolutamente necessaria.3Non ho nulla contro l’una né l’altra, non mi interessano scontri e rivalità, sto semplicemente riportando i fatti.

Questo ha portato inizialmente Bompiani a proporre alla Alliata una revisione del testo originale, ma senza che lei potesse partecipare attivamente (l'operazione sarebbe stata svolta da altri). In seguito al prevedibile rifiuto, si è deciso di abbandonare la prima traduzione e realizzarne un'altra ex novo. A quel punto la principessa ha deciso di far ritirare dalle librerie tutte le copie della sua localizzazione e per circa un anno non è stato possibile reperire il Signore degli Anelli da nessuna parte che non fosse il canale dell'usato.

Ma questo poco ha influito sulla vicenda: la nuova traduzione sarebbe arrivata a prescindere.

C’è stata poi una forte campagna denigratoria verso la vecchia traduttrice, e relative querele da parte sua, ma è una storia triste e di scarsa rilevanza in questa sede.

La nuova traduzione è stata affidata a Ottavio Fatica, un nome conosciuto e stimato nell'ambiente. Una sua caratteristica è il fatto di utilizzare un registro letterario ricco di termini antiquati e uno stile espressivo di altri tempi. In Moby Dick si è rivelato vincente (nonostante alcune critiche da parte di una parte di lettori meno acculturati).

A suo dire non aveva mai letto l'opera di Tolkien e questo, a mio avviso, ha influito negativamente su molti aspetti della sua traduzione. Li vedremo tra poco.

Non sono mai stato prevenuto verso le novità, una cosa in più è meglio di una in meno; se poi non piace, amen, la si può sempre ignorare (come la serie TV di Amazon). Ho acquistato il nuovo volume, l'ho letto e ne ho tratto un giudizio personale.

Non mi sono piaciute molti aspetti della vicenda che ha accompagnato la nuova pubblicazione. Innanzitutto questa usanza molto italiana di gettare badilate di merda sulla vecchia traduzione: è improvvisamente passata dall'essere meravigliosa a totale spazzatura. Le principali critiche di Bompiani e dello stesso Ottavio Fatica riguardavano il registro linguistico, che definivano limitato, a loro dire mancavano frasi o interi paragrafi, e il testo originale era stato troppo personalizzato dalla principessa Alliata (che, all'epoca della traduzione, era comunque poco più di una ragazzina). Fatica si è addirittura spinto ad affermare di aver trovato 500 errori su ogni singola pagina!

Essendo una persona molto pignola, ho riletto l'intero Signore degli Anelli affiancando i tre libri: l'originale inglese, la prima traduzione Alliata/Principe e la nuova di Ottavio Fatica.

Risultato? Personalmente tutte queste grandi differenze non le ho notate. Certo, a sapere che Fatica si è impegnato sui differenti registri espressivi una leggerissima differenza si nota di tanto in tanto (salvo gettare tutto alle ortiche quando a Gandalf, che dovrebbe esprimersi con enunciazioni ricercate e altisonanti, mette in bocca espressioni da teenager moderno), ma nulla che possa effettivamente differenziare in modo evidente il nuovo lavoro. Mancanza di frasi? Boh… una… due, forse… Niente di apprezzabile4Sia chiaro, il fatto che siano sfuggite è una spiacevole mancanza (e ciò mette anche in cattiva luce le precedenti revisioni da parte di associazioni, evidenziate peraltro da vistose scritte su alcune copertine); ma ciò non influisce in alcun modo sulla storia o sul piacere della lettura.. Sulla personalizzazione del testo interviene il buon senso e il gusto personale del traduttore, e a me lo stile della Alliata piace molto.

In generale trovo la versione Alliata/Principe più "calda". La leggo e mi rilasso, sono a mio agio, vengo cullato dal testo. Di contro Ottavio Fatica lo trovo più "freddo", metodico, preciso ma anche più impersonale. Ogni tanto mi scontro con un termine ostico che interrompe il flusso narrativo, o con un'espressione dialettale che magari nel resto dell'Italia ha un senso, ma nel dialetto romano ne ha un altro, e lo trovo fuori luogo.

C'è poi il discorso della nuova nomenclatura, che non riuscirò mai a digerire: termini come "Valforra", "Boscuro", "Landumbria", "Veglio" mi fanno schifo. Vorrei avere un approccio più pragmatico e diplomatico, ma non li sopporto. Non posso farci niente. Avevo inizialmente pensato di prendere l'ebook, rimettere tutti i vecchi nomi e avere la traduzione perfetta. Ma non è così, al suo lavoro manca (sempre secondo me) un'anima, un'armonia che trovo soltanto nel testo che mi ha accompagnato da sempre.

Per inciso: la sua è una buona traduzione, e farà felice tutti quegli amanti pignoli di Tolkien che preferiscono la massima fedeltà a un adattamento più poetico (sarebbe quindi una buona cosa, se questo non significasse che la vecchia traduzione è stata completamente abbandonata).

Un esempio è la Poesia dell'Anello (della quale parlo molto più approfonditamente in questo articolo): quella di Fatica è molto più fedele (nonostante anche lui abbia preso fischi per fiaschi con quel "doomed to die"5Per quanto possa apparire assurdo, nella visione di Tolkien la morte è un dono per gli Uomini e non una condanna.), ma meno armonica.

Però ho deciso che a me non piace. Terrò il volume nella mia collezione perché ormai ne fa parte, ma non lo rileggerò più.

Lo Hobbit

Tra cinque giorni uscirà una nuova traduzione anche dello Hobbit, da parte di un membro della famosa associazione che "ha vinto la guerra". Uno che si fa chiamare con uno pseudonimo dal suono asiatico invece del proprio nome. È un problema? Per me sì. Va benissimo avere un nick quando si interagisce con l'etereo mondo dei social network ma, quando si pubblica un lavoro serio, mi aspetto un nome e cognome. Un libro classico tradotto da Fragolina69 non mi fa piacere averlo nella libreria. :)

Per quanto riguarda la traduzione in sé questa volta, sì, parto decisamente prevenuto (libero di potermi ricredere, però). Come al solito Bompiani, nella speranza di attirare i citrulli nella propria rete di ragno, non ha rilasciato alcun dettaglio sul nuovo testo, confidando nella curiosità e nelle leggendarie mani bucate degli acquirenti tolkieniani.

Però nel corso delle scorse settimane ho raccolto qui e là qualche informazione che mi ha fatto storcere il naso.

Intanto il libro vero e proprio: è una riproduzione della più recente edizione inglese ed è sostanzialmente identica (a parte un paio di scritte sulla copertina invertite senza senso). Ma secondo me è pacchiana all'inverosimile: un mix di verde e blu, con grandi scritte runiche (non ho ancora avuto modo di verificarle ma sono pronto a scommettere che non le abbiano tradotte dall'inglese) colorate lungo tutto il dorso delle pagine. Insomma, davvero poco elegante.

La nomenclatura: indubbiamente ci ritroveremo i nomi di Ottavio Fatica, quindi Boscuro e Valforra. I tre troll Berto, Maso e Guglielmo torneranno ad avere nomi inglesi, e parleranno in modo più sgrammaticato (il traduttore dice di aver preso in considerazione il dialetto romano: grazie a dio non l'ha applicato!). Vedremo…

Il termine inglese "attercop" col quale Bilbo fa infuriare i ragni di Boscu… Bosco Atro – e che nella traduzione originale era "sputaveleno" – qui diventerà "aracnaccio". Sì, hai letto bene: Bilbo correrà tra gli alberi della foresta urlando "Aracnaccio! Aracnaccio!". Ma che porcheria è??

Durante una lettura in anteprima da parte del grande Riccardo Riccobello di un breve passaggio della nuova localizzazione, Smaug si rivolge a Bilbo invitandolo a rubare quello che vuole, perché "ce n'è quanto ne vuoi e anche di più"6Sto andando a memoria perché sfortunatamente non riesco più a trovare il video originale, ma mi pare suonasse così.. L'originale diceva "ce n'è in abbondanza e d'avanzo". Secondo te, un antico Drago, in quale dei due modi si esprimerebbe?

L'originale "Arkenpietra", che Fatica aveva cambiato in "Arkenpetra" e la Ciuferri in "Arkengemma" (termine che preferisco) tornerà a essere "Arkenpietra". Costituendo così anche un evidente controsenso con il nuovo allineamento dei nomi voluto da Bompiani.

Apparentemente col libro è inclusa una copia esterna di discrete dimensioni della mappa di Thrór. Però è completamente in inglese (perché??) e interamente monocromatica, cioè senza le caratteristiche scritte rosse (PERCHÉ??). Davvero, è una presa per il culo? E ho un brutto presentimento riguardo a quelle all'interno del libro…

C'erano ancora un paio di cose ma al momento non mi tornano in mente, probabilmente perché di minore importanza.

Insomma, anche questa nuova traduzione voluta a tutti i costi (intendiamoci: lo Hobbit aveva davvero bisogno di una nuova revisione, specialmente su canzoni e poesie, ma senza ulteriori modifiche non richieste) si preannuncia come molto divisiva. Prima o poi la leggerò anch'io, dal momento che per me lo Hobbit è una lettura frequentissima (almeno una volta all'anno, insieme al Signore degli Anelli).

Ma la voglia di affrontare quella che al momento mi pare l'ennesima forzatura editoriale è davvero, davvero poca…

7 pensieri su “Io e le traduzioni di J.R.R. Tolkien

  1. “E a proposito di troll, nel testo originale questi parlano in cockney, il vecchio dialetto delle classi basse londinesi, quindi era necessario in traduzione sgrammaticarne la parlata, fare capire a chi legge che questi tre tizi parlano una variante rozza dell’inglese di Bilbo.”
    Secondo me, sarebbe stato meglio usare il dialetto della capitale d’Italia ovvero Roma come equivalente del dialetto di Londra ovvero cockney per arrivare alla lingua d’arrivo.

    1. Per un romano sarebbe stato terribile. Tipo ascoltare Tomas Milan (doppiato dal grande Ferruccio Amendola) in Delitto al ristorante cinese.
      Tra l’altro il romanesco non è sgrammaticato, ha regole sue molto precise. :)

  2. Ottimo articolo interessante.
    Io sono fiducioso per questa nuova traduzione dello Hobbit per il momento.
    P.s. “lo Hobbit aveva davvero bisogno di una nuova revisione, specialmente su canzoni e poesie.”
    Come avresti revisionato tu la vecchia traduzione dello Hobbit specialmente su canzoni e poesie?

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