Ex libris

È consuetudine di molti collezionisti di libri apporre all'interno dei propri volumi più pregiati un timbro o un adesivo particolare, per rivendicarli come propri.

Nelle puntate successive…

Il presente articolo appartiene a una serie di post dedicata al mio tortuoso percorso di ricerca di un ex libris accettabile per la mia personale libreria. Ognuno è auto conclusivo e può essere letto indipendentemente dai precedenti, ma è possibile seguire l'intera trama leggendoli nel corretto ordine cronologico.

A me i timbri sono sempre piaciuti, ne ho subìto il fascino fin da piccolo quando, orgoglioso proprietario di un grosso set di stampini in legno, marcavo qualsiasi superficie di casa, con buona pace dei miei genitori. Nel mio viaggio a Tokyo di alcuni anni fa (vedi più avanti) mi sono molto divertito a riempire un piccolo notebook (di carta eh, non un portatile) con i meravigliosi disegni presenti nelle principali attrazioni della città.

Mi piacciono tutti, specialmente quelli istituzionali delle biblioteche, dei passaporti, dei documenti governativi. Poi, se sono anche originali ed esteticamente gradevoli, non riesco a resistere.

Una caratteristica che accompagna spesso lo stampo (o l'adesivo) all'interno dei libri è il nome del precedente proprietario. Tu vedi un disegnino, che può essere bello, così così, oppure davvero orripilante, accompagnato da un Brunello Strombolini, Luisella Zamponi, Mario Rossi (o, se straniero, anche Richard Benson, Yen Chen, Inigo Montoya e così via).

Mi capita di trovarli spesso, quando cerco libri usati da Stati Uniti o Gran Bretagna, dove sono più diffusi.

Mentre adesivi e bolli delle biblioteche, scuole, ecc. mi piacciono molto, perché raccontano un po' la storia e le vicende che alla fine hanno portato quel libro da me, gli Ex libris nominali no. Per niente.

Mi danno l'idea di un qualcosa tipo marcare il proprio territorio, come fanno alcuni animali con la pipì. Come a dire "sì ok, ora ce l'hai tu… ma ricordati che era mio e sarà comunque mio per sempre!" (risata diabolica in sottofondo). E tu nemmeno sai chi era quel qualcuno. Magari un contabile, magari un dottore, o forse anche il sultano del Brunei. Ma l'unica cosa che pensi è "canaglia, hai rovinato un bel libro!".

Se non posso proprio farne a meno, perché si tratta di un libro raro, o perché magari viene venduto a prezzi ridicoli, tendo a evitare l'acquisto.

Per me i libri non sono di nessuno, stanno con noi per un po' e poi, quando ce ne andiamo (o, per farla meno tragica, quando decidiamo che non ci rappresentano più e li diamo via) sono pronti ad affezionarsi a un nuovo proprietario. Mi sembra egoistica l'idea di volerli segnare.

Però, osservando la cosa da un differente punto di vista, i libri che scegliamo di adottare e con cui ci piace condividere la vita, sono stati fortemente desiderati, cercati, sudati e ottenuti con fatica e sacrifici.

E non è sbagliato voler adottare qualche sistema per sentirli ancora più nostri. Perché di libri al mondo ce ne sono milioni, anche uguali ai nostri.

Però i nostri sono sempre un po' più speciali. :)

Così questa notte1In realtà è un pensiero che ho avuto alcuni giorni fa, e sul quale ho discusso in un paio di gruppi di (collezionisti e non di) Tolkien; ma mi piaceva, e ho deciso di pubblicarlo anche qui., invece di mettermi a leggere un bel libro, oppure andare a dormire, sono qui che rimugino sulla cosa.

Alcuni anni fa sono andato in visita a Tokyo con la mia dolce metà e, trovandola una città meravigliosa, mi sono divertito a girare per i negozietti tipici dei quartieri antichi, che ancora oggi non sono stati sopraffatti dalla tecnologia e dalla modernità.

In uno di questi ho acquistato un piccolo timbrino.

Veloce preambolo: nei paesi asiatici, in particolar modo in Giappone, vanno di moda stampini che riproducono il cognome e, a volte, anche il nome delle persone. Per loro è facile, perché sono solitamente composti da brevi ideogrammi, come le rune dei Nani. I nomi, tra l'altro, sono anche relativamente pochi, tanto che è spesso possibile trovare scaffali di timbri già preconfezionati, un po' come avviene qui da noi con le tazze con su scritto Adalberto, Andrea, Angela e così via.

Mi sono quindi messo a cercare e curiosare fra differenti varianti, finché ne ho trovata una che mi piaceva, quella qui a fianco. Il significato del nome è "terra bianca", che già di suo suona molto evocativo e starebbe bene in un racconto di Tolkien.

Ma la verità è che l'ho scelto perché per me è un omino stilizzato che se la ride di gusto, nello stile tipico di molti manga giapponesi.

Anche mia moglie se n'è scelto uno, significa "foresta verde", ma lei è una persona seria e lo ha voluto per il significato, non per la libera interpretazione visiva.

Da molti anni li usiamo come decorazioni a fianco delle nostre firme, sui messaggi dei regali di compleanno, di Natale e così via.

Ho anche iniziato a impiegarlo per "firmare" il retro delle mie mappe, dei contratti e, in generale, tutte le opere strampalate che mi diverto a creare nel tempo libero. Un po' come se fosse un attestato di veridicità, una sorta di autenticazione. Che naturalmente è senza senso perché quello che si vede è semplicemente un omino stilizzato che ghigna.

L'idea però mi diverte. :)

Il timbro è serio ma io, naturalmente, l'ho voluto infilare in un porta timbri di Hello Kitty; anche lui, come l'inchiostro rosso, rigorosamente nipponico. :)

Qualcuno mi ha chiesto cosa rappresentasse, perché pensava avesse un significato molto più profondo come, che so, una runa o una sigla in Tengwar (il linguaggio degli Elfi). E invece no, sono io che sono un po' scemo. :)

Comunque, venendo poi al vero argomento di questo articolo, mi è venuta la pazza idea di utilizzarlo anche come Ex libris per la mia collezione di volumi di Tolkien.

Non so, mi sembra una cosa carina.

Ho paura, però. Perché, come i tatuaggi, è qualcosa di definitivo. Una volta che l'avrò apposto (per esempio) alla mia prima edizione italiana dello Hobbit, non potrò più tornare indietro.

Non che abbia intenzione di venderli, i miei libri; ho faticato tanto per ottenerli e non esiste al mondo una sola probabilità che possa darli via. Proprio per questo motivo non mi importa del fatto che si potrebbero potenzialmente deprezzare. Sono miei e rimarranno con me, mi auguro, il più a lungo possibile.

È più che altro un blocco psicologico: fatto uno, sono certo che tornerei bambino e comincerei a stampare timbri ovunque, anche sui gatti e sulle pareti di casa. Tra l'altro, come puoi vedere dalla foto di apertura, è minuscolo: ha le dimensioni di un'unghia. Quindi se ne starebbe lì buono buono in un angolino2Ho visto certi Ex libris grandi quanto un'intera pagina!, senza dare fastidio a nessuno.

Insomma, ci sto ancora pensando. Ma, ogni giorno che passa, propendo sempre più per il sì.

Credo che molto presto aggiornerò l'articolo. ;)

Aggiornamento: 31 Ottobre 2020

Mi sono deciso. ;P

"Ex libris" è una locuzione latina che significa letteralmente "dai libri". Ma può essere interpretata, più genericamente, come "dalla libreria (di)…".

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