È di questi giorni la notizia di una nuova edizione del Signore degli Anelli, localizzata nella nostra lingua da Ottavio Fatica. Per chi non lo conoscesse è un traduttore piuttosto quadrato, amante delle trasposizioni fedeli alle opere originali e dell'utilizzo di un italiano molto arcaicizzato, ovvero di non immediata comprensione.
Per questo motivo non ci sono vie di mezzo: o lo si odia, o lo si ama.
Ho avuto modo di leggere i primi capitoli del suo lavoro su Moby Dick, che all'epoca aveva suscitato aspre polemiche proprio per l'apparente difficoltà di lettura. Io non sono Umberto Eco ma non ho avuto alcun problema a leggerlo e, anzi, mi è molto piaciuto.
Per questo motivo ho accolto con molto entusiasmo questa sua ultima… Fatica. ;)
Come è ormai d'uopo in tempi di social network senza freni, dove si dà fiato ai polmoni senza sapere di cosa si parla, la grande massa di utenti qualunque (che spesso ha solo guardato le mediocri opere girate da Peter Jackson ma mai tenuto tra le mani un libro di Tolkien) è insorta con torce e forconi.1L'hanno fatto anche grandi estimatori di Tolkien, ma loro almeno hanno fornito motivazioni ragionate, anche se non sempre condivisibili.
Ma… ma… ma… i nuovi nomi!
Il principale motivo di scandalo è stata la scelta di Ottavio di attenersi quanto più fedelmente alla forma originale, con particolare attenzione al — riporto fedelmente da un articolo che ho letto — "restituire ai lettori lo stile originale di Tolkien, con un registro medio, alto o basso a seconda del personaggio di riferimento". Durante la traduzione ha anche deciso di variare alcuni nomi.
Così Sam(vise) è diventato Samplicio, Hobbiville è tornata a essere Hobbiton, i raminghi (Rangers of the North) sono adesso forestali, il Puledro Impennato (Prancing Pony) diventa il Cavallino Inalberato e così via.
Certo, a un primo impatto la modifica è spiazzante. È una vita che immaginiamo Elrond felice a Gran Burrone e ora scopriamo che si è "trasferito" a Valforra (che però, a conti fatti, è un termine molto più vicino all’originale Rivendell).
Ma… ma… ma… i vecchi nomi!
C'è tuttavia un precedente altrettanto sorprendente, che la maggior parte degli estimatori italiani di Tolkien ignora. La prima traduzione italiana del Signore degli Anelli, realizzata, come sappiamo, da una diciassettenne Vittoria Alliata di Villafranca nel 1967 per l'editore Astrolabio, era molto differente dal romanzo che conosciamo.
Anche in quel caso gran parte dei nomi era stato italianizzato. Quindi Thorin Oakenshield era diventato Thorinio Ochenscudo, i Baggins erano i Sacconi, di conseguenza i Sackville-Baggins erano tradotti come Borsi-Sacconi e i Boffin cambiavano in Boffa. Sam Gamgee era Samio Gamigi, Merry Brandybuck rispondeva all'infelice nome di Felice Brandibucco, la terra di Tuckland era adesso Tuchilia e l'irascibile signor Maggot faceva di cognome Maggiotti.
Terribili, vero? Probabilmente ancora più delle nuove versioni di Fatica che, perlomeno, sono più fedeli ai nomi originali. Soltanto con l'intervento di Quirino Principe, nelle successive edizioni del Signore degli Anelli, i nomi sono stati "sistemati" (e non solo quelli, come vedremo più avanti).
Proviamo…
Mi hanno sempre insegnato che, prima di criticare qualcosa, bisogna provarla, e ritengo sia un consiglio molto sensato. Ho quindi affrontato il primo libro e l'ho trovato meraviglioso. Più della versione classica? Non saprei dire, non è facile confrontare un’opera così maestosa andando a memoria, e neppure sono così pedante da poter affermare "eh beh sì, un cambiamento dal giorno alla notte!". Non nego, tuttavia, che il mio affetto per la traduzione con cui sono cresciuto è ben radicato.
Ho avuto qualche piccolo tentennamento su un paio di nomi (per esempio il cambiamento da Gaffiere a Veglio, perché non mi sembrava così necessario, benché decisamente più appropriato) e non sono riuscito a farmi piacere la nuova poesia dell'Anello. Ma tutto il resto lo promuovo a pieni voti.
Tra l'altro non è da escludersi una successiva revisione a fine opera che, uniformando quelle che sono ormai convenzioni letterarie acquisite in oltre cinquant'anni di lettura di questo classico, possa mettere tutti d'accordo.
Nota a margine: sono recentemente venuto a conoscenza che la traduttrice originaria, la principessa Vittoria Alliata di Villafranca, non ha preso affatto bene la notizia di una nuova traduzione. Ritenendo di essere stata ingiustamente messa da parte, ha deciso di esercitare il proprio diritto a far ritirare dal commercio tutte le copie esistenti del libro. In questo modo è ipoteticamente possibile che, per parecchi mesi (fino al completamento del lavoro di Ottavio Fatica), e per la prima volta nella sua storia, il capolavoro di Tolkien possa temporaneamente sparire dalle librerie.
Non voglio entrare in questa polemica, non mi interessa, ma c'è un interessante e completissimo articolo scritto da Gloria Comandini che spiega nel dettaglio ciò che è successo.
La poesia dell'Anello
A questo punto trovo corretto effettuare un piccolo confronto all'americana tra le varie traduzioni, partendo dalla celebre poesia dell'Anello.
Versione originale di Tolkien:
La prima, vera traduzione di Vittoria Alliata di Villafranca, apparsa soltanto nella prima edizione (Astrolabio, 1967) recita così:2Ho mantenuto sia gli invii a capo che le maiuscole.
Disorientante, eh? Per fortuna, già nella successiva edizione, grazie a un marginale intervento da parte di Quirino Principe, assume la struttura che tutti noi conosciamo a memoria.
Alliata/Principe:
A dirla tutta, nella prima edizione Rusconi (e, fortunatamente, soltanto in quella), uno zelante correttore aveva sostituito il termine "Elfi" con "Gnomi" in tutto il libro, per cui la prima frase appariva così:
Già nella seconda ristampa comunque, tutto venne sistemato.
Veniamo infine alla traduzione di Ottavio Fatica:
A prima vista, la versione di Fatica suona poco aggraziata e anni luce distante da quella armoniosa che tutti conosciamo.
Mi sono tuttavia imbattuto in questo splendido post di Luca Ricatti nel quale, in modo professionale e con maggiori competenze del sottoscritto, analizza metricamente la nuova traduzione. Tutta la pagina merita una approfondita lettura, ma mi permetto di riportare, col suo gentile permesso, un estratto riguardante proprio la Poesia, perché l'enorme lavoro svolto da Fatica non è di immediata comprensione. Poi può anche non piacere, però almeno saremo consapevoli delle motivazioni che hanno mosso la sua scelta:
La poesia dell'Anello
Un altro motivo di grande polemica è la Poesia dell’Anello.
Quando si traduce un testo in versi c’è il grosso problema di dover far coincidere due aspetti.
→ Rispettare la metrica e le rime
→ Rispettare il significato letterale
È difficilissimo fare entrambe le cose e posso dirlo perché mi sono cimentato nella traduzione di qualche canzone tradizionale irlandese.
Da musicista tendo a preferire il rispetto degli aspetti metrico-ritmici.
Nel caso di un’opera letteraria, però, secondo me bisogna permettere al lettore di farsi un’idea del testo originale più precisa possibile, anche a scapito della metrica.
La vecchia traduzione non fa nessuna delle due cose.
È bella, senza dubbio, e ha un bel ritmo. Ma non è una traduzione letterale e segue una metrica tutta sua, completamente diversa da quella originale.
Senza confrontare tutta la poesia, basta il primo verso:
Testo originale:
Three rings for the elven-kings under the sky
Traduzione di Alliata:
Tre anelli ai re degli elfi sotto il cielo che risplende
Traduzione di Fatica:
Tre anelli ai re degli elfi sotto il cielo
Attenzione: sembrerebbe che le due traduzioni siano identiche, solo che la vecchia ha due parole in più.
Sbagliato!
La differenza è molto più grande.
Nella Poesia originale il verso è in endecasillabi (che vuol dire che è fatto di circa 11 sillabe).
La versione di Fatica rispetta questo metro, quella Alliata no.
Perché?
Perché nella vecchia traduzione della Poesia dell’Anello si è voluto forzare la metrica per darle un ritmo costante, uguale in tutti i versi.
Tutta la vecchia traduzione della Poesia dell’Anello è in versi di 16 sillabe (tecnicamente si dice ottonari doppi).
Ma l’originale non è così.
La Poesia scritta da Tolkien non ha un struttura metrica cadenzata e costante fino alla fine.
I primi versi della Poesia dell’Anello sono endecasillabi e Ottavio Fatica li ha tradotti usando degli endecasillabi.
Laddove Tolkien ha cambiato ritmo, lo ha fatto anche Fatica.
Perché invece la vecchia traduzione ha usato ottonari doppi per tutta la Poesia?
La risposta ormai è facile: perché così faceva pensare alla metrica dei poemi antichi, scritti in versi sempre uguali dall’inizio alla fine.
C’è gente che ha scritto che la nuova traduzione non ha musicalità.
Non sono d’accordo, ma va bene.
Allora però forse non gli piace nemmeno l’originale.
Allora forse non gli piace Tolkien.
Altri esempi
Vediamo adesso qualche altro confronto. Purtroppo, pur vivendo in un'era in cui tutte le informazioni sono sempre a portata di mano, la prima edizione italiana del Signore degli Anelli è praticamente andata perduta nel tempo. Non che non esista, ma si trova all'interno delle rarissime copie cartacee, custodite gelosamente da fortunati collezionisti. Non ne è mai stata pubblicata una copia digitale e, probabilmente, non avverrà mai.Ci è quindi preclusa la possibilità di poter leggere la prima incarnazione del romanzo. In realtà no, ho rimediato la copia originale del primo capitolo (e, in seguito, ho ricostruito l’intero libro) per cui sono in grado di confrontare, qui di seguito, tutte le versioni.
Tolkien:
Vittoria Alliata di Villafranca:
Alliata/Principe:
Le due versioni Alliata/Principe sono pressoché identiche, a parte i nomi.
Ottavio Fatica:
La localizzazione di Fatica è più fedele al testo originale, ma l'espressione "si sprecarono" non mi piace per niente.
La mia traduzione
Ok, non frega niente a nessuno, ma questo è il mio sito e ci scrivo quello che voglio. :)
La mia interpretazione mi serve per poter confrontare le varie versioni e meglio comprenderne le differenze. Quanto più una si discosta dalla mia, tanto più mi rendo conto se la approvo o meno.
Credo che una traduzione troppo aderente al testo originale il più delle volte non si sposi bene con la cultura letteraria e i gusti di un paese differente. Allo stesso modo deviare troppo dalla forma originale può offuscare troppo lo stile dell'autore originale. Occorre bilanciare le due cose.
L'incipit io lo tradurrei così:
Tolkien:
Vittoria Alliata di Villafranca :
Alliata/Principe:
Pochissime le differenze tra le due versioni, a parte qualche nome e qualche maiuscola.
Ottavio Fatica:
Qui ci sono un paio di punti degni di considerazione. Il termine inglese "Daddy" è stato tradotto con "Nonno" (maiuscola compresa), ma è corretto. Ci si sta rivolgendo a un uomo saggio, meritevole della massima considerazione, e il significato del termine inglese è mantenuto.
Fatica, inoltre, decide di cambiare il nome di Gaffiere (che in inglese significa "anziano degno di rispetto") in Veglio. Concettualmente è impeccabile, in quanto da noi "gaffiere" non significa nulla. Però, trattandosi per l'appunto di un nome, continuo a preferire la versione originale, visto che non influisce minimamente sulla storia.
La mia traduzione
Mi rendo conto che l'utilizzo del termine "cazzeggiare" sia molto ardito ma penso sia il termine adeguato, sulla bocca di un contadinotto. Naturalmente non potrebbe mai essere pubblicato. :)
Tolkien:
Vittoria Alliata di Villafranca / Quirino Principe (uguale):
Ottavio Fatica:
Questa frase, a provare a tradurla, fa uscire il sangue dal naso. È talmente bella in lingua originale quanto difficile renderla nella nostra lingua senza perdere gran parte della poesia. Detto questo le due traduzioni non sono molto dissimili: Fatica segue fedelmente il testo di Tolkien ma, se ne dovessi scegliere una, la mia preferenza andrebbe sicuramente a Villafranca/Principe.
La mia traduzione
Tolkien:
Vittoria Alliata di Villafranca:
Alliata/Principe:
Cambia qualche nome, qualche maiuscola ma la struttura delle frasi è sostanzialmente immutata.
Ottavio Fatica:
Qui, curiosamente, la struttura semantica è meno fedele, al contrario dei nomi che sono più adeguati. Specialmente perché Fatica si assume anche la responsabilità di uniformarli in modo razionale. Quindi i Brandibuck diventano Brandaino che, per quanto suonino ancora stranieri ai nostri occhi, sono meglio contestualizzati. Anche se "Bolger" stona un po', non è stato tradotto per volere di Tolkien, come ha espressamente scritto nella sua guida alla traduzione dei nomi del SdA: "a hobbit-name not to be translated".
Anche Baggins avrebbe dovuto essere italianizzato, così come è avvenuto nella prima traduzione del 1967. Fatica avrebbe voluto reintrodurre "Sacconi" ma la casa editrice si è opposta. Personalmente continuo a preferire Baggins.
“Tronfipiedi”, invece, non lo avrei cambiato.
Non provo a fare una mia traduzione, si limiterebbe a una ricerca di nomi italianizzati che risulterebbero comunque alieni.
Tolkien
Vittoria Alliata di Villafranca:
Alliata/Principe:
Piccolissime varianti nei primi due versi.
Ottavio Fatica:
La localizzazione di canzoni e poesie è sempre un bagno di sangue. Non si può procedere letteralmente perché si uccide la prosa, ma nemmeno lasciarsi troppo andare. Sinceramente non saprei scegliere fra le due versioni, sono entrambe molto belle.
Tirando le somme
Ammetto che l'affetto che provo per il testo col quale sono cresciuto, quello classico, mi porta inevitabilmente a sentire più familiari i nomi originali rispetto alle innovazioni di Ottavio Fatica, ma rimango convinto che, solo leggendo l'intera opera con mente aperta e senza pregiudizi, si riesca ad apprezzare il grande lavoro profuso nella nuova incarnazione.
Se sei interessato, in questo articolo confronto le principali differenze nomenclative (si dice?) fra le due traduzioni ed esprimo il mio personale giudizio a riguardo.
Scegli pure la versione che preferisci ma il mio consiglio è di leggerle entrambe almeno una volta. Non fidarti dei giudizi altrui, ognuno di noi ha il proprio metro di giudizio.
Ciao Lock! :)
Mi meraviglia che questo tuo bell'articolo non abbia ancora alcun commento – e sono onorato di essere il primo, sia pur così fuori tempo.
Prima di tutto volevo dirti (con colpevole ritardo, ma meglio tardi che mai!) che ho apprezzato il tuo stile sin dalla prima lettura: esprimi le tue opinioni con un tono equilibrato, senza torce e forconi – cosa abbastanza rara, come hai potuto ben constatare.
Poi volevo avvisarti che ho ripubblicato sul mio blog l'articolo sulla poesia dell'anello, e questa volta è un'analisi un po' più degna di questo nome. Ricordo che volevi leggerla, eccola qui: La Poesia dell'Anello: traduzioni a confronto (reloaded).
Infine, avendo appena riletto il tuo post, mi è venuta in mente una domanda per te: che cosa ne pensi adesso, a distanza di qualche mese, della traduzione di Fatica? Senti ancora un senso di straniamento o hai già incominciato ad abituarti ad alcune novità?
A presto,
~Kelo ツ
Allora, innanzitutto grazie mille per i complimenti, e anche per aver ri-postato l'analisi della poesia; correrò a leggerla subito dopo cena. :)
Riguardo la tua domanda devo dire che è molto interessante: ancora adesso, a distanza di qualche mese dalla lettura, mi domando se ho davvero apprezzato la nuova traduzione o meno. Fatica mi piace per esempio in Moby Dick, dove ci sono tantissimi termini tecnici marinareschi: lì un po' di arcaicismi ci stanno benissimo, per esempio il titolo del primo capitolo "morgane" è evocativissimo (anche se non si dice). :P
Il Signore degli Anelli è un libro semplice, semanticamente parlando, ed è proprio quello il bello. Leggi Tolkien e sei dentro la scena perché il discorso è fluido, diretto, scorrevole.
Con Fatica ogni tanto si ha l'impressione di un motore che si "ingrippa": quel termine desueto, che stona terribilmente col resto delle parole, interrompe il flusso. E magari ti fermi per un attimo a domandarti cosa significa. O forse lo intuisci, però la magia si è rotta e devi ricominciare.
Insomma, si procede un po' a strattoni. Invece il testo Alliata/Fatica va giù come una buona birra, tutto d'un fiato e non ci sono rallentamenti.
Detto questo ci sono cose buone in entrambe le versioni ma purtroppo nessuna è oggettivamente migliore dell'altra. Dove l'Alliata inciampa Fatica ci prende, ma a volte inciampa pure lui e ti accorgi che invece l'Alliata aveva tradotto correttamente.
Insomma, il testo di Fatica, con tutte le pecche che ho elencato (e ci aggiungo anche i nomi: non sono un problema però non ha senso cambiarli dopo 50 anni) è sostanzialmente più corretto (vedi anche i registri associati ai personaggi). Però, personalmente, continuerò a preferire e leggere l'Alliata per un discorso di "scorrevolezza".
P.S. Ovviamente non ho ancora letto la nuova traduzione degli altri due libri, e lo farò volentieri quando si renderanno disponibili. Ma, per farmi cambiare idea, Fatica dovrebbe tornare sui suoi passi e rivedere un po' (anche) il primo libro; forte anche di tutti i commenti/critiche che sono fioccati in questi mesi, alcuni dei quali decisamente validi. :)
Attendiamo l'edizione in volume unico di ottobre, dovrebbero esserci diverse correzioni.
Anche a distanza di mesi, ho letto con piacere il tuo articolo.
Grazie, anche se in effetti è un articolo scritto quando ancora non avevo letto la versione di Fatica*; forse prima o poi dovrò rimetterci mano.
Sono molto curioso di vedere la nuova edizione, per capire se sarà simile alla precedente con illustrazioni di Alan Lee o se Bompiani prenderà un po’ di coraggio e sfornerà un volume di qualità paragonabile ai libri di HarperCollins. E sono ancora più curioso riguardo alle possibili revisioni delle parti più criticate dai lettori. :)
* edit: l’avevo, sì, scritto prima di leggere il primo libro di Fatica, ma in seguito l’ho riveduto e corretto; rimane tuttavia un articolo molto vecchio.
Io arrivo un’era dopo o due.
Ho appena acquistato la versione di Fatica in volume unico mi dovrebbe arrivare a giorni… Ma da quel poco che leggo qui non mi dispiace.
Solo non riesco a condividere una delle strofe della poesia dell’Anello sebbene essa nel suo complesso mi piaccia molto di più nella versione di Fatica. In particolare mi riferisco alla strofa che parla degli uomini mortali. In tutte le traduzioni si dà un’accezione estremamente negativa a questa strofa. Sarà che sono fresco di lettura del Silmarillion, ma è del tutto evidente almeno i miei occhi che la morte per Tolkien è un dono che Iluvatar ha fatto ai secondogeniti quindi non comprendo il motivo per cui nessuno nelle traduzioni abbia tenuto conto di quello che era lo spirito iniziale di Tolkien.
Ma ammetto di non essere un fine linguista e quindi potrei anche avere torto.
In effetti, per quanto riguarda la traduzione di Fatica, sono d'accordo con te: "nove agli Uomini Mortali dal fato crudele" è secondo me un'interpretazione errata; dà come l'impressione che il traduttore non abbia ben chiaro il concetto di morte nella Terra di Mezzo. Anche la vecchia traduzione, "nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende", non è corretta a mio avviso, però devi tener presente che, quando la principessa Alliata l'ha tradotta, nel 1967, il Silmarillion non era ancora stato pubblicato; per cui è ragionevole abbia pensato (come, del resto, lo pensiamo noi) fosse una cosa brutta.
Quindi tu dici la Alliata ha un’ottima scusante mentre Fatica ha ignorato il contesto pieno che ormai è più che noto.
In questo caso sì. Poi è innegabile che Fatica abbia corretto molti errori presenti nella traduzione precedente; che però, è giusto ricordarlo, è stata fatta con ben altri mezzi e possibilità.
Da traduttore, posso solo dire che, per quanto mi riguarda, esistono le traduzioni sbagliate ma la traduzione giusta non esiste. Di per sé la traduzione è un atto di creazione che inevitabilmente stravolge l'opera originale, la quale ha senso di esistere nella lingua originale. Certe scelte di Alliata sono sicuramente piacevoli all'orecchio, come appunto il ritmo della poesia dell'anello, ma dopo molti decenni bisogna chiedersi: abbiamo letto per tutto questo tempo Tolkien oppure Alliata? La cosa che apprezzo invece di Fatica è la capacità di giustificare approfonditamente le sue scelte, con particolare rimando al testo originale. Credo ci siano buoni motivi per apprezzare entrambi i lavori, e comunque penso che nel ricordo collettivo rimarranno i termini scelti da Alliata, ma la traduzione di Fatica sento che mi avvicina di più all'autore. Laddove non esistono palesi errori di traduzione, si tratta in entrambi i casi di scelte, condivisibili o meno, dei traduttori. Chi si lagna e paventa la distruzione dell'opera di Tolkien, dovrebbe semplicemente dedicarsi alla lettura del testo in lingua originale: quello rimane sempre uguale.
Concordo.
Sto terminando la lettura della nuova traduzione (in realtà me la sto prendendo comoda e mi manca ancora un libro e mezzo) e mi sta piacendo. L'unica vera critica che mi sento di muovere a Fatica (a parte il cambiamento di alcuni nomi, ma è di sicuro una forzatura editoriale per discostarsi il più possibile dal passato) riguarda l'adozione di alcuni termini che "inceppano" leggermente la fluidità di lettura. Mi spiego meglio: Tolkien fa largo uso di terminologia antica e allitterazioni per "caricare" alcuni passaggi; ma, nell'insieme, la sua è una lettura molto scorrevole. Lo stesso ha fatto la Principessa (che, magari, ha un po' semplificato tutto; ma erano comunque altri tempi). Siccome sto leggendo alternativamente un capitolo in italiano e uno in inglese (insieme al Reader's Companion, ma sono matto io), riesco ad apprezzare molto quando Fatica è molto fedele all'originale e quando prende qualche piccola papera anche lui (per carità, anche il testo di Alliata non ne è immune). A volte Ottavio suona troppo aulico, anche quando non necessario (per esempio sulla voce del narratore che nell'originale ha un registro molto neutro, quasi colloquiale). Certo, è il suo stile. Però qualche volta mi è parso un po' troppo invasivo.
Detto questo, stiamo discutendo di dettagli marginali. Se non si è linguisti, o puristi delle edizioni originali, entrambe le traduzioni sono validissime e offrono una meravigliosa esperienza di lettura. :)
Bell’articolo.
Come avresti tradotto tu la nomenclatura di Tolkien per il libro?
Per la maggior parte avrei lasciato quella originale, e corretto soltanto gli errori (Pipino in Pippin, per esempio).
Perché non provi a fare una tua traduzione dei nomi e luoghi usando la nomenclatura di Tolkien? Sarebbe interessantissimo.
Ottimo articolo interessante.
P.s. Come avresti tradotta tu, il senso della poesia dell'Anello di Tolkien rime e metrica, allitterazioni ecc.?
Mi fai sempre queste domande, ma non so risponderti. Io sono un lettore, non un traduttore; non ho idea di come tradurre meglio di quanto non sia già stato fatto. Posso solo criticare quando qualcosa non mi piace.