Incipit che sto leggendo 'mazurca para dos muertos' sdraiato sul divano e suona il campanello. Penso a un idiota in vena di scherzi o a Ictus, l'alcolizzato del terzo piano, che non trova le chiavi e schiaccia i pulsanti a caso; chi altro può essere a quest'ora di notte?
Riprendo a leggere, risuona il campanello. Prima non ci avevo fatto caso: è il trillo del pianerottolo, non quello dabbasso. Ora sono sicuro; è Ictus che non riesce a infilare la chiave nella toppa di casa sua e ha bisogno di qualcuno con una mira migliore. Mi dirigo senza fretta verso l'ingresso e intanto studio una battuta di circostanza, mi accorgo di avere un gran sonno.
La porta è chiusa con tre mandate, quella donna è paranoica.
Sono in cinque: due indossano la divisa, uno tiene la mano sul calcio della pistola nella fondina aperta, make my day ce l'ha scritto in fronte, e quello che mi sta davanti porta un Maglione a Righe.
Faccio la faccia sbalordita. Anche loro; l'intero manipolo di giovani eroi. Ma che cazzo succede?
Maglione a Righe non perde tempo: «Possiamo entrare?»
«Prego…»
Rifanno il numero della faccia sbalordita e intanto avanzano con circospezione: «È solo in casa?»
«Spero proprio di no. Sulla targhetta ci sono due nomi, non li ha letti?»
«Faccia meno lo spiritoso, non è sua moglie che ci interessa.»
«Non è mia moglie…»
«Quel che è. A noi non ci riguarda…»
«Meno male, temevo di doverla svegliare… Verso l'alba diventa piuttosto irritabile, sa?»
«E noi non la svegliamo. Ha un documento?»
«Certo…» Rifletto un attimo e poi mi avvio verso lo studio; quelli mi tallonano. Quando gli tendo la carta d'identità sono colto dall'impulso irrefrenabile di aggiungere una spiegazione: «L'ho appena rinnovata…»
Maglione a Righe la scruta per qualche istante e poi si dirige a grandi passi verso l'ingresso, portando alle labbra una ricetrasmittente comparsa dal nulla. Gli altri non mi perdono d'occhio neanche per un momento mentre cerco le sigarette. Trovato il pacchetto ne accendo una e finalmente lo chiedo: «Posso sapere che ci fate in casa mia nel cuore della notte? Mi avete spaventato, pensavo chissà cosa…»
Rispondono all'unisono, chi più chi meno: «Ci rendiamo conto, ma non possiamo dirle nulla, abbiamo ordini, quando torna il brigadiere glielo spiega lui…»
«Sarebbe proprio carino.»
Non ho alcuna voglia di polemizzare con dei sottoposti. Mi siedo, disposto ad attendere quanto c'è da attendere. Ma mi stupisce che non lo chiamino anche loro Maglione a Righe; sarà il rispetto per la gerarchia: è un brigadiere, quello.
Qualcuno tenta di spiegarmi meglio la situazione: «Stia tranquillo, se fossimo qui per lei non sarebbe ancora seduto su quella poltrona lì…»
Grande proprietà di linguaggio, niente da dire, ma dove starei seduto allora?
Però mi ha fatto bene, ora sono davvero tranquillo; la sigaretta si consuma con maggior lentezza.
Uno con i brufoli indica la parete alle mie spalle: «Quella cos'è?»
Non rispondo neppure; un collega gli fa cenno di piantarla lì.
Riappare Maglione a Righe, mi restituisce la carta d'identità e addita la porta, gli altri annuiscono e si incamminano.
Ripeto la domanda, ripete la risposta: «Non posso dirle nulla.»
Insisto: «Perché siete qui? Non ho diritto di saperlo?»
«È stato un errore… Abbiamo sbagliato campanello, ci deve scusare; probabilmente si tratta di un caso di omonimia…»
Li seguo mentre si ritirano adagio verso il pianerottolo: «Un caso di omonimia… Con il mio nome?»
«Ce n'è tanti…»
«È un cognome sardo, sa? Giù in Sardegna, lì ce n'è tanti… Ma in tutto il mondo, e con un nome identico al mio, quanti saremo: uno virgola cinque?»
«Guardi, le ho già detto che mi dispiace…»
«Questo non mi renderà più allegro…»
Cambia discorso: «Ma lei era ancora in piedi quando siamo arrivati?»
«Se fossi stato a letto non mi sarei certo alzato per aprire…»
L'angolo della bocca gli si increspa in un abbozzo di sorriso; qualcosa mi dice che un atteggiamento del genere non sarebbe stato apprezzato.
«Guardavo la regata se ci tiene a saperlo…»
Un lampo di complicità gli fa brillare gli occhi:
«Ah. La Coppa America. E abbiamo vinto?»
«È stata sospesa per mancanza di vento…»
«Peccato.»
«E poi non ho orari regolari, il lavoro, sa…»
Non so perché ma gli spiego per filo e per segno cosa faccio, con una punta di orgoglio. Non batte ciglio.
Mi blocco di colpo, si è aperta la porta che dà sul corridoio. Nicole, ancorata allo stipite, osserva perplessa la scena e intanto si stropiccia gli occhi. I suoi piedi non trovano pace, è troppo scaltra per tenerne più d'uno alla volta a contatto con le mattonelle; ed è riuscita nell'impresa di infilarsi una felpa. È una notte fortunata.
Quello con gli occhiali prende l'iniziativa, dopo un attimo di esitazione: «Non si preoccupi signorina, non è successo niente…»
«Ta gueule!1«Taci!»» Nicole non lo degna di uno sguardo e si rivolge direttamente a me, con la voce roca: «Che suscede? Sono venuti per la vecchia?»
«Magari… Io non ci ho capito nulla, è solo un grosso equivoco… credo.»
«C'est l'Italie, je crois. Putain…2«Questa è l'Italia, credo. Cazzo…»»
Ripenso ai magazzini nel porto di Bordeaux.
«Au lit, Nicole, s'il te plait: il y a encore du temps jusqu'a sept heures, ce soir je vais t'expliquer…3«Vai a letto, Nicole, per favore: c'è ancora tempo fino alle sette, stasera ti spiego…»»
Li squadra tutti, con calma. Poi sorride e fa una mezza riverenza, insomma una cosa che ha un nome nella danza, infine con il suo tono più squillante dichiara: «Ordures…4«Rifiuti…»»
E scompare dietro la porta. la Grazia in persona.
Mi sento soffocare, ma il coro degli sbirri risponde con estrema educazione: «Buona notte, signorina.»
Ora so perché arrivano all'alba: problemi con le donne.
Maglione a Righe si riprende per primo: «Cos'è 'sta storia della vecchia?»
«Rien, niente… Nicole ha qualche problema con la nostra lingua, a quest'ora soprattutto.»
«Mhhh… Va bene, ci scusi di nuovo, noi si deve proprio alzare i tacchi, il dovere ci chiama…»
Alzare i tacchi… Non ho più la forza di ripetere la mia domanda, e lui ne approfitta in maniera magistrale: mi tende la mano e mi augura la buonanotte. È una reazione istintiva, gliela stringo. E penso al fumo degli scontri.
Spariscono in un batter d'occhio, ribadendo saluti indistinti.
Il giorno dopo, all'ora di pranzo, sto già davanti alla tv; sono proprio curioso.
Un anno e mezzo di indagini, agenti da tutta la regione, quaranta arresti, una sparatoria poco fuori città, due feriti lievi, pochi grammi d'eroina.
Sfoglio l'elenco telefonico e siamo in due: io sul lungomare, accanto all'istituto nautico, l'altro nei pressi della stazione; per il nome niente da fare: sono completamente diversi. Si vive anche così.