In questi giorni Bompiani ha pubblicato una nuova traduzione dello Hobbit di J.R.R. Tolkien. La precedente, a opera di Elena Jeronimidis Conte (da questo momento E.J.C.), risaliva al 1973 ed era stata parzialmente revisionata da Caterina Ciuferri agli inizi del nuovo millennio.
Dopo che la più recente edizione del Signore degli Anelli di Ottavio Fatica aveva ridefinito buona parte della nomenclatura, era solo una questione di tempo prima che si corresse a uniformare anche il fratellino minore. Così è stato (più o meno).
Ho diviso questa lunga recensione in due grandi sezioni: una visione oggettiva, dove ho cercato di analizzare il nuovo approccio editoriale senza lasciarmi condizionare dal mio parere personale, e una nella quale il mio punto di vista emotivo corre a briglia sciolta.
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